Racconti

Doctor Wood
New York 1977. Mishiko è il mio nome. All'epoca prese piede in me, colpa degli eventi, il bisogno di confessarmi perché ero una ventenne che andava semplicemente in una direzione di luce. Benché non credessi nella psicanalisi, l'urgenza di far chiarezza mi costrinse a seguire una rotta di ripiego. Non ero riuscita ad annoverare il soprannaturale tra le cose interessanti nonostante avessi preso in considerazione di vivere in modo divino.

Alla fine arriva per tutti
Me ne sto così, stravaccato su un divanetto vicino alla finestra chiusa. Sotto il balcone c'è il mercato del pesce. Amo ardentemente la primavera: questa frase mi sta ossessionando. Non ricordo dove l'ho letta. Deve essere qui da qualche parte, nella stanza. Intanto ho finito di leggere 'La storia di Costantinopoli'. Ho messo i due volumi rilegati in cartone scuro insieme agli altri, in mezzo a colonne di libri che crescono come vegetazione malata in una giungla lussureggiante. Mi piace poggiarli a terra e camminarci sopra. Non mangio quasi più. E sotto c'è il mercato del pesce. Dove avrò letto quella frase? Amo ardentemente la primavera.

Puncs
Fino ad allora, la storia sociale di SolfurCity si sarebbe potuta paragonare ad un binario ferroviario. Pecore linde, tosate per la fiera: nessuno tra i suoi protagonisti sfuggiva da quella sobria linea dritta. Nel rosicato tempo libero i giovani indossavano i loro berretti da lavoro e le cravatte verde marcio per incontrarsi da Marengo ove sorbire un caffé d'orzo in tazza tiepida o lanciare quattro bocce; talvolta visitavano i rispettivi nonni per parlare di pesca e di inflazione e di quanto fosse bello lavorare nella fabbrica dei tappi di sughero.

Testamento
Feci testamento a quattro anni. A nove anni fumavo le nazionali e le galois di papà. Solo a tredici anni misi per la prima volta il rossetto e i tacchi e le tinture ai capelli mi hanno rovinato dopo i diciannove anni. Mi chiamo Dyna Temple. Non ho età. A quarantesei anni ho indossato la minigonna; fino ad allora ero una specie di hippy di città, alla moda mia, sgargiante e fantasiosa, imitata da amiche e vicine di casa. Veniamo al dunque però, veniamo a dire di quando imparai a scrivere di getto. Avevo davvero quattro anni e avevo appreso da sola seguendo papà.

Dei nostri giorni
La sveglia manda un suono fastidioso e intermittente, fino a quando la mia mano non lo interrompe con una leggera pressione sulla plastica. Apro gli occhi. il tempo ormai non si misura più con il movimento di una lancetta su un quadrante o con l'avvicendarsi di numerini luminosi: ora è scandito da suoni lunghi o brevi, accordati su tonalità differenti secondo il compito predisposto, che debbano controllare la cottura di un cibo o il nostro riposo notturno. Capita talvolta che i diversi suoni si sovrappongano o si uniscano in brevi frasi musicali dettate dal caso.

Underdogs n.5
Buongiorno gente del kamasutra, si fa per dire. Buongiorno a voi in ascolto, a chi trova buone certe cose e lo sa da sé: le accetta come sue, ossia, non impartite, non autorizzate da una qualche guida, capo, o maestro che sia. Take another little piece of my heart, cantava Janis Joplin e urlava in quella maniera rischiosa per le coronarie tra un goccio e una paja, tra un buco e un altro, tra il morbo di vivere e l'amore che non si capisce che cos'è. Con l'amore si torna perché si è partiti col sesso, l'uno e l'altro non bastano; sono invenzioni per legare, per attrarre, per catturare, infine per procreare, progettare, investire.

Esproprio proletario natalizio
Minchia che freddo...e per un gioco, poi...
Era attaccato alla ringhiera con una mano, nell'attesa che tutti se ne andassero.
Ma d'altra parte...se lui mi ha chiesto quello, devo cercare di averlo...
Sentiva l'aria che gli congelava le nocche delle dita, mentre la testa andava al figlio, Luca, che non aveva ancora l'età per capire, ma soprattutto per conoscere, il mondo di merda nel quale era nato.
Mario era appeso per una mano e con l'altra teneva il sacco di iuta riempito di polistirolo. Stava così da quasi due ore e si sentiva i crampi nello stomaco. Guardava il cenone natalizio della famiglia Roversi.

Il Raincheck (traduzione dall'americano di Stefania Rega)
Adesso non saprei più dire cosa ho conosciuto prima, la donna o il Raincheck Lounge. Spesso ho la sensazione che siano entrati nella mia vita contemporaneamente, che si siano concretizzati con straordinario sincronismo qui, in questa città, che allora mi era ancora estranea. C'era anche un uomo, ma è arrivato dopo, troppo tardi perché io capissi chi fosse. Non chi fosse davvero. Non intendo questo. Nessuno può saperlo. Intendo chi fosse rispetto a me, e alla donna, e al Raincheck.

Il club di Ricky e gli altri
Erano in quattro: Ricky, Sonny, Clever e Levinski. Non erano nati, né stati allevati nello stesso quartiere; nemmeno, avevano frequentato la scuola insieme.
- E come ciaccio lo hanno fondato il club? –
- Non essere impaziente. Le storie hanno sempre una fine che è la cosa più facile da conoscere. Da dove si comincia è più difficile stabilire. –
- Già, già! La solita melina: chi siamo e che ci stiamo a fare qui? Da dove veniamo? Uff! Non possiamo per una volta, andar per le spicce? –
- Devi imparare a frenare la curiosità, Dave! Ascolta e basta. –

Solo per un caso della vita
"Allora è pronto?"
"Beh, pronto è una parola grossa, diciamo che sono qui"
"Se non vuole possiamo lasciar perdere"
"Non crede che sia un po' troppo tardi?"
"No, credo che, se non vuole, è ancora in tempo per ripensarci e tornare indietro"
"Ascolti, cerco solo di andarci un po' cauto. Sarà pure normale no?"
"Cauto?"
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