Racconti

La classifica corretta
Prima Italia, seconda Francia, terza Polonia, quarta Germania.
Questo scrive papà sulla classifica finale nell'album delle figurine.
Io non ci credo. L'Italia è forte, ma il Brasile è più forte. Papà dice che se l'Italia gioca come contro l'Argentina, vince.
Davide mi chiama da sotto. Sta tirando calci al pallone contro il muretto. Scendo e giochiamo uno contro uno.
Dopodomani devo andare in ospedale.

Su misura
Sul grande tavolo tondo di radica, insieme ai resti della cena, foto di modelle che sfilano, un voodoo di spilli e campioni di tessuto.
Secondo te, qual è il più adatto per l'abito di Zac Posen?
E le mostra tre campioni di chiffon nelle tinte cipria, champagne e ghiaccio sporco.
Questo.
Agata indica il quadratino di stoffa color cipria metallizzata

Intellettuali e no
«Per scrivere occorre una buona disposizione, tempo in quantità e idee più o meno giustificate da esprimere», meditava Tonio, ancora incerto davanti alla tastiera del computer. Si era risolto a ricoprire la posizione di uomo di lettere, di pensatore, diciamo pure di intellettuale, ed ora la piatta superficie del monitor lo contemplava silenziosa. Tonio, dal canto suo, sapeva bene di accingersi ad una impresa, se non pericolosa, quanto meno rischiosa: intellettuali non ci si improvvisa, ma egli ne aveva letto sui giornali e sentito parlare in televisione, e sapeva bene che al giorno d'oggi c'è una gran penuria di intellettuali. Perché non provare?

Alla cassa c'è una lunga coda...
Alla cassa c'è una lunga coda, sicchè quando l'uomo grasso arriva finalmente in sala il film è già iniziato. Egli odia, anzi detesta, gli spettatori dell'ultimo minuto, quelli che fanno alzare gli altri in un'onda di teste e voci. Ancor di più dunque si sente in imbarazzo nel sapersi membro di quella genìa, tanto più che con la sua mole è costretto a strusciarsi contro ginocchia, gomiti, sorrisi farlocchi. Infine raggiunge il posto assegnato, ci si schianta con un sospiro e un gemito di sedia.

Il funerale di Malatesta
Dalla camera da letto non proveniva alcun rumore, neppure il rantolo del vecchio. Il brigadiere fece un gesto col capo ai due piantoni ed aprì la porta. Capirono immediatamente. Trovarono le donne in silenzio nella penombra, l'una accanto all'altra, ai piedi del letto. Il medico scriveva qualcosa seduto al tavolino. Il nipote invece leggeva delle carte, forse lettere, forse documenti; ne teneva tre o quattro tra le mani. "Fermo là" gridò la più giovane delle tre guardie. Il nipote si immobilizzò, spaventato. Le donne si girarono di scatto, guardarono i poliziotti con ferocia. Il brigadiere disse calmo: "Fate la cortesia, lasciate stare quelle carte".

Quel vecchietto che faceva
Quel vecchietto che faceva col tamburo rataplàn era stato impiegato delle poste, e apposta aveva impiegato due anni a tappezzare la camera da letto con le pubblicità tagliate dalle riviste o dai pieghevoli: famiglie felici, bimbi di varia fattura che ci aveva asportato l'inguine inteso come frazione incriminante, non si sa mai, esotici panorami incontaminati del bagnoschiuma, case di sogno e altri beni immobili e paralitici. E poi le raffaelle i fiorelli i carli i pupi (...)

Alberi vuoti
L'indecisione era stamattina se provare a mandare i miei racconti in giro per il mondo – anche se la mia simpatica lingua è poco parlata nel mondo – o mettermi a scrivere qualcosa. Certo io il livello delle frasi del vecchio Buk non lo raggiungo. Alcuni credono che Bukowski fosse depresso, ma mi sa che quel furbacchione del vecchio Buk alla fine era molto meno depresso di tutti noi, lui l'ha capito e per questo è un grande.
Comunque non posso tirare avanti a sfruttare la sua figura, non mi piace, e di solito non lo faccio mai, non uso mai nemmeno le citazioni, le raccolgo,

Incidente
Oggi guidavo e come il codice della strada raccomanda guardavo ben diritto davanti a me.
Situazione perfettamente sotto controllo velocità moderata distanza di sicurezza rispettatissima un vero autista modello.
Con indosso persino un bel vestito ed un sorriso smagliante che voglio uscir bene se mi fanno la foto.
Chilometri e chilometri attento a tutto e concentratissimo sul brevissimo futuro ovvero ciò che i miei occhi le mie retine i mie nervi vedono davanti a loro e trasmettono al mio cervello iperfocalizzato sul difficile compito di condurre l'autoveicolo.
Poi, d'improvviso,

Andrea
Andrea si scaraventò con furia fuori dall'auto, affogando tra i detriti umani, calpestando la sabbia fangosa e la polvere dei ricordi ormai lontani.
Si tuffò nel buio di una notte estiva qualunque, con la testa immersa nel mare grigio, come il suo vomito.
Lei non aveva mai notato, in tutto quel tempo che lo conosceva, una tale por-tata di energia. Era come se fuggisse da qualcosa, da una fine tanto anonima quanto imminente. La sua.

Polvere
Edo si era portato via il suo vecchio cuore. Il suo Edo: quarant'anni di vita insieme, un matrimonio, una casa, tre splendidi figli, tante lacrime e tante risate. Le foglie d'autunno cadevano lente sul giardino trascurato, come le lacrime lungo le rughe del viso, senza emettere alcun rumore. Ogni ruga era un ricordo con Edo. Tutto avevano condiviso, fino a dimenticarsi chi erano prima, come i loro cuori semplici potevano aver battuto prima di conoscere l'altro, tanti anni addietro.
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