I Classici

L’ira del tifoso? Forse, ma no: “L’allenatore” di Salvatore Bruno.
Eccoci di nuovo ad affrontare un tema che, anche in queste nostre pagine di studio, abbiamo già affrontato anche se in maniera diversa. Si tratta di parlare di un libro che, per varie ed anche private ragioni

La fantascienza per “cortesia”: “Cancroregina” di Tommaso Landolfi.
Il libro fu terminato alla fine degli anni quaranta, ma trovò l’editore, precisamente Vallecchi, che era l’editore delle opere dello scrittore di Ronciglione, nel luglio del 1950, almeno stando a quanto ci informa la figlia. Fu quasi una sorta di choc.

Un mondo davvero irreale: “L’anno 3000 sogno di…” Paolo Mantegazza.
Spesso lo si è sentito dire per opere distanti nel tempo: chissà cosa penserebbe l’autore di fronte all’evoluzione dei giorni nostri. Certo dipende dagli anni, perché crediamo che più la distanza temporale è eccessiva e più distanti sono le percezioni tra il vecchio e il nuovo.

Scrittore o psichiatra? “Per le antiche scale” di Mario Tobino.
Tutti sono d’accordo nel dire che Per le antiche scale è il perfetto proseguo de Le libere donne di Magliano, classico anche questo e sul quale trattammo anche noi

Lo scrittore dell’esilio? “La città di Miriam” di Fulvio Tomizza.
Lo scrittore Giorgio Voghera lo definì lo scrittore dell’esilio. Ma non è soltanto questo il motivo che portò Tomizza ad avere un notevole successo in Italia

Un libro ahimé trascurato: “Era l’anno del sole quieto” di Carlo Bernari.
In uno dei suoi innumerevoli scritti dedicati alla letteratura italiana, Walter Pedullà commette un errore (lo so, è difficile ammetterlo, ma è così, per quanto non si abbia una conoscenza totale delle sue opere):

C’è del vero e del falso ne “La Califfa” di Alberto Bevilacqua.
Devo ammetterlo, Alberto Bevilacqua non mi è mai piaciuto, nonostante non avessi mai letto nulla di lui. I motivi? Francamente mi sfuggono anche se

Un intellettuale “meraviglioso”: “Una storia meravigliosa” di Dino Terra.
In realtà il suo vero nome era Armando Simonetti, ma cambiò il suo cognome nel lontano 1920 quando, non ancora diciassettenne, esordì in campo saggistico-letterario con una sorta di pamphet dal titolo D’Annunzio e il caso Fiume

Un amore finalmente vero: “Un cuore di troppo” di Aldo Busi.
Penso che Un cuore di troppo rappresenti per Busi una sorta di limite. Per carità, attenti alle parole quando si tratta di parlare dello scrittore bresciano

Fallimento di una socializzazione: “Il gelo” di Romano Bilenchi.
Che scrittore è Romano Bilenchi? Una domanda questa che veniva posta da Massimo Onofri in un passo della Storia generale della Letteratura italiana.
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