RECENSIONI
Juanio Olasagarre
Valigie impossibili
Gran via, Pag. 255 Euro 16,00
Mi andrebbe di pensare, e quindi di dire, che le Valigie impossibili siano una sorta di resistenza ai cambiamenti. Bazter, uno dei personaggi del libro, quando va a vivere a Londra, perde la valigia all'aeroporto. La stessa cosa succede a Harakin, uno dei suoi amici, quando anche lui va a Londra ma per un consulto medico per la figlia portatrice di handicap. Dunque queste 'valigie impossibili' sono l'impossibilità di trovare conforto e stabilità al di là dei propri confini e l'emblema dell'amore per la propria terra?
Solo supposizioni. Anche perché il romanzo di Olasagarre mostra altro: innanzitutto una ambigua ed irrisolta concezione dell'amicizia. Quattro amici si ritrovano a riflettere su quella che è stata la loro unione, gli amori, gli ideali rivoluzionari, i sogni, ma ne esce fuori un quadro sfumato, quasi cubista nell'impossibilità di delineare contorni precisi delle persone stesse e della loro relazione.
Valigie impossibili è romanzo, come si diceva una volta, di formazione: formazione politica, perché siamo in territorio basco, ma anche qui la valenza ideologica scolora nella sproporzione tra quello che dovrebbe essere il sentire 'sociale' e quelle che sono le istanze personali.
Dice uno dei personaggi: Non volevamo forse fare la rivoluzione? E la rivoluzione non doveva iniziare dalla compassione? Dall'essere migliori con le persone più vicine? Dal cercare di cambiare se stessi? (Pag.50).
Ma alle domande, che già nella loro diversificata alterità rispetto ai canoni delle battaglie politiche mostra segni di non affiliazione, subentra un successivo sconforto, che appare però come pietra tombale di desideri e aspirazioni: Adesso ognuno pensa per sé. A nessuno gliene frega niente della liberazione del Paese Basco e dei prigionieri politici. Per strada si sente parlare basco sempre meno. La gente pensa solo al lavoro, ad andare in palestra o a divertirsi. (Pag. 168).
Valigie impossibili è anche un romanzo sull'impossibilità alla normalità. Batzer che fugge dal suo paesino per andare a Londra, lo fa essenzialmente perché vuole vivere la sua omosessualità senza troppi complessi di colpa, senza troppe ansie e soprattutto perché omosessualità e rivoluzione sono concetti che non sono mai andati a braccetto (domanda: quanti omosessuali avrebbero potuto essere dei seri 'rivoluzionari' se l'ideologia non avesse sempre castrato le loro istanze progressiste in nome di valori immutabili e restauratori?).
Ci è piaciuta questa storia proprio perché nella sua intrinseca instabilità di sentimenti e di filosofia, richiama il senso ultimo delle cose: che non è quello di esibire inopinatamente certezze che il mondo stesso trasforma, a suo piacimento, in bandierine scolorate, ma quello delle passioni divise tra emotività e senso civico. Juanio Olasagarre ha scritto un romanzo di dubbi e di difetti, ma sono i difetti dell'uomo che per vivere si confronta e può anche soccombore. Come succede a Batzer, il personaggio più riuscito e commovente.
di Alfredo Ronci
Solo supposizioni. Anche perché il romanzo di Olasagarre mostra altro: innanzitutto una ambigua ed irrisolta concezione dell'amicizia. Quattro amici si ritrovano a riflettere su quella che è stata la loro unione, gli amori, gli ideali rivoluzionari, i sogni, ma ne esce fuori un quadro sfumato, quasi cubista nell'impossibilità di delineare contorni precisi delle persone stesse e della loro relazione.
Valigie impossibili è romanzo, come si diceva una volta, di formazione: formazione politica, perché siamo in territorio basco, ma anche qui la valenza ideologica scolora nella sproporzione tra quello che dovrebbe essere il sentire 'sociale' e quelle che sono le istanze personali.
Dice uno dei personaggi: Non volevamo forse fare la rivoluzione? E la rivoluzione non doveva iniziare dalla compassione? Dall'essere migliori con le persone più vicine? Dal cercare di cambiare se stessi? (Pag.50).
Ma alle domande, che già nella loro diversificata alterità rispetto ai canoni delle battaglie politiche mostra segni di non affiliazione, subentra un successivo sconforto, che appare però come pietra tombale di desideri e aspirazioni: Adesso ognuno pensa per sé. A nessuno gliene frega niente della liberazione del Paese Basco e dei prigionieri politici. Per strada si sente parlare basco sempre meno. La gente pensa solo al lavoro, ad andare in palestra o a divertirsi. (Pag. 168).
Valigie impossibili è anche un romanzo sull'impossibilità alla normalità. Batzer che fugge dal suo paesino per andare a Londra, lo fa essenzialmente perché vuole vivere la sua omosessualità senza troppi complessi di colpa, senza troppe ansie e soprattutto perché omosessualità e rivoluzione sono concetti che non sono mai andati a braccetto (domanda: quanti omosessuali avrebbero potuto essere dei seri 'rivoluzionari' se l'ideologia non avesse sempre castrato le loro istanze progressiste in nome di valori immutabili e restauratori?).
Ci è piaciuta questa storia proprio perché nella sua intrinseca instabilità di sentimenti e di filosofia, richiama il senso ultimo delle cose: che non è quello di esibire inopinatamente certezze che il mondo stesso trasforma, a suo piacimento, in bandierine scolorate, ma quello delle passioni divise tra emotività e senso civico. Juanio Olasagarre ha scritto un romanzo di dubbi e di difetti, ma sono i difetti dell'uomo che per vivere si confronta e può anche soccombore. Come succede a Batzer, il personaggio più riuscito e commovente.
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