RECENSIONI
Maurizio Antonetti
Una domenica a corte di re Travicello
Trasciatti Editore, Pag. 112 Euro 10,00
Per chi non lo sapesse, sono un esperto di peplum: quell'accozzaglia-celluloide anni sessanta che mischiava storia, mitologia, leggende e buoni sentimenti per mostrare, in ordine puramente alfabetico, belloni e bellone, fusti, maggiorate e vecchie spalle dell'ambiente cinematografaro alla ricerca di una discreta scrittura. La lettura del romanzo in questione mi ha fatto tornare alla mente un film di quel periodo: La Regina delle Amazzoni di Vittorio Sala, in cui due fulgide stellette del nostro star system, Dorian Gray e Gianna Maria Canale, si confrontavano con l'espressivo Rod Taylor e col mascellone ebefrenico, come avrebbe detto Gadda, Ed Fury. E vi si narravano le vicende di un gruppo di Amazzoni che, vivendo in una non meglio identificata isola, tentavano disperatamente di evitare come la peste l'altra parte del cielo (e se no che amazzoni sarebbero!). Ma appena si presentano i due maschiotti prestanti, il protofemminismo delle protagoniste va a farsi friggere, e finisce come dovrebbe finire, cioè con protoamplessi da educande da Collegio della Sacra Famiglia.
Il romanzo di Antonetti, che ebbe già una precedente uscita anni fa in una collana fantascientifica, mostra una propensione alla malizia pruriginosa: se nel titolo si fa cenno alla favola esopica del re Travicello che doveva, su richiesta di un gruppo di rane, governare uno stagno (Calò nel suo regno con molto fracasso; le teste di legno fan sempre del chiasso; ma subito tacque, e al sommo dell'acque rimase un corbello il Re Travicello come recitava il componimento di Giuseppe Giusti del 1841), all'interno di esso, vi è un esplicito riferimento all'anatomia maschile (il re Travicello in realtà era un legno... capito la sottigliezza?) e alla sua principale occupazione.
Qui si narrano le vicende di due ragazze che, in una società ordinata e gestita da sole donne, dove l'uomo (l'unico rimasto) è ridotto a presenza onorifica nella reggia di Versaille, durante una gita scolastica ordiscono un piano contro la virilità del poveretto per evitare un 'Saggio spermatico' a loro poco gradito.
Si diceva prima: vi è malizia pruriginosa – dati i tempi dylanianamente cambiati si evita il luogo comune della supremazia maschile come invece nel film citato a proposito, o anche a sproposito (vedete voi) – non solo nel riferimento ad ormai sonnacchiosi impulsi fallici, ma anche nel sospetto che, quando sopravvivono, son dovuti ad input ancora poco sdoganati (almeno da noi).
Voi direte: ma di cosa va cianciando? Ma quello di cui parla Antonetti è sotto gli occhi di tutti: se il maschio è continuamente aggredito dalla 'nuova' vivacità femminile, l'unico rimedio è appunto quella di 'sdoganare' una parte sessuale di sé per secoli repressa.
Ancora nulla?
Ah beh, e allora non so che farci. Tenetevi Marrazzo e la corte dei miracoli della sessualità a pagamento e le avventure del trans-atlantico mediatico.
Io credo che Antonetti abbia voluto scherzare di brutto, ma cogliendo nel segno. Ma è solo un'impressione. Per il resto, l'ardua sentenza ai poster.
di Alfredo Ronci
Il romanzo di Antonetti, che ebbe già una precedente uscita anni fa in una collana fantascientifica, mostra una propensione alla malizia pruriginosa: se nel titolo si fa cenno alla favola esopica del re Travicello che doveva, su richiesta di un gruppo di rane, governare uno stagno (Calò nel suo regno con molto fracasso; le teste di legno fan sempre del chiasso; ma subito tacque, e al sommo dell'acque rimase un corbello il Re Travicello come recitava il componimento di Giuseppe Giusti del 1841), all'interno di esso, vi è un esplicito riferimento all'anatomia maschile (il re Travicello in realtà era un legno... capito la sottigliezza?) e alla sua principale occupazione.
Qui si narrano le vicende di due ragazze che, in una società ordinata e gestita da sole donne, dove l'uomo (l'unico rimasto) è ridotto a presenza onorifica nella reggia di Versaille, durante una gita scolastica ordiscono un piano contro la virilità del poveretto per evitare un 'Saggio spermatico' a loro poco gradito.
Si diceva prima: vi è malizia pruriginosa – dati i tempi dylanianamente cambiati si evita il luogo comune della supremazia maschile come invece nel film citato a proposito, o anche a sproposito (vedete voi) – non solo nel riferimento ad ormai sonnacchiosi impulsi fallici, ma anche nel sospetto che, quando sopravvivono, son dovuti ad input ancora poco sdoganati (almeno da noi).
Voi direte: ma di cosa va cianciando? Ma quello di cui parla Antonetti è sotto gli occhi di tutti: se il maschio è continuamente aggredito dalla 'nuova' vivacità femminile, l'unico rimedio è appunto quella di 'sdoganare' una parte sessuale di sé per secoli repressa.
Ancora nulla?
Ah beh, e allora non so che farci. Tenetevi Marrazzo e la corte dei miracoli della sessualità a pagamento e le avventure del trans-atlantico mediatico.
Io credo che Antonetti abbia voluto scherzare di brutto, ma cogliendo nel segno. Ma è solo un'impressione. Per il resto, l'ardua sentenza ai poster.
di Alfredo Ronci
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