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CLASSICI

Alfredo Ronci

Un maniaco dello stile: “Mania” di Daniele Del Giudice.

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Diceva di lui Riccardo Giacconi che ebbe Del Giudice come relatore di tesi: L’ho incontrato diverse volte nella sua casa a Venezia. Gli chiedevo di raccontarmi del suo rapporto con Calvino, su cui scrivevo la tesi. Questo lo portava poi a discutere di combinatoria, Oulipo, collegamenti ipertestuali, Internet, Second Life. I media digitali erano un tema ricorrente, credo lo incuriosissero.
A volte passavano settimane senza che mi rispondesse, poi all’improvviso mi invitava a casa sua e parlavamo per ore. Con la sua voce dolce e il volto sorridente dietro gli occhiali, conduceva la conversazione con leggerezza ed esattezza. All’epoca non avevo ancora letto i suoi libri, e con sorpresa appresi che amava pilotare aeroplani. Mi raccontò della sua passione per le procedure di decollo ed atterraggio, e di un volo che fece con Federico Fellini
Abbiamo preferito omaggiare Del Giudice con questo ricordo di un suo “alunno” piuttosto che con gli “esimi” ritratti di colleghi e studiosi non per false modestie, ma semplicemente perché, la storia dello scrittore veneziano, e soprattutto la sua fine (è morto per il morbo di Alzheimer del 2021 e negli ultimi mesi la malattia gli aveva tolto completamente l’uso della parola), ci ha così impressionato che invece lo vogliamo ricordare con appunti meno “invasivi”.
Ma non ce n’è per nessuno, perché in fondo certe caratteristiche e certi stili di scrittura tornano: come torna soprattutto Italo Calvino, che fu confidente di Del Giudice, ma soprattutto fu a Del Giudice che lo scrittore e critico italiano fu più volte accostato.
Ma sono anche altri, tanti, narratori e non solo che quadrarono il cerchio e in qualche modo hanno modellato il quadro esistenziale di Del Giudice: a cominciare da Primo Levi per finire a Thomas Bernhard per non parlare di Asor Rosa che parlando della sua scrittura la definì, non senza qualche malizia, uno scafo elegante.

Ma bisogna tornare a noi. Qualche lettore più ‘scapigliato’, di fronte a certe nostre scelte (in questo caso una raccolta di racconti) potrebbe facilmente obiettare: ma perché avete scelto Mania che, per carità, è sempre una bella ‘antologia”, e non alcuni libri di Del Giudice più acclamati e famosi come Lo stadio di Wimbledon (incentrato sulla figura di Bobi Bazlen che rinuncia, malgrado le doti, a scrivere) o Atlante Occidentale (in definitiva le due prime opere dello scrittore veneziano)?
In realtà non c’è nulla di prestabilito. La scelta caduta su Mania è dovuta essenzialmente al fatto che come prima ‘idea sull’autore’, la raccolta di racconti può indicare temi, valutazioni e desideri che un’opera unica può, forse, non farlo.
Mania, che presenta 6 racconti, da assolutamente un’idea (non fraintendetemi, ma anche gli stessi titoli dei presunti racconti, raccontano il modo di scrivere di Del Giudice) della lotta corpo a corpo con la realtà che l’autore intraprende per raccontare quello che spesso è quasi ‘indecifrabile’.
Come ad esempio il primo racconto (che secondo quanto detto dallo stesso Del Giudice, ha avuto anche la collaborazione di Luciano Berio) L’orecchio assoluto: Anche stavolta avevo trovato la mia musica, o meglio lei aveva trovato me, e in me avevo scovato e portato alla coscienza qualcosa che non mi aspettavo, che nessuno mai si aspetterebbe, e che adesso avevo irrimediabilmente chiaro: il bisogno lucidissimo e insopprimibile di uccidere qualcuno (che per carità, non è lettura adatta agli estimatori del noir).
Oppure. Nel racconto Com’è adesso: Ebbene, ripresi, Com’è adesso! È l’azione globale, è un evento, un fatto che prima non c’era e poi c’è, un fatto artificiale e creato dal nulla, un fatto irreversibile, ma che produce emozioni come un’azione compiuto con mano, senza esserlo.
E’ chiaro che da queste due singole frasi non si porta a nulla. Mania è un demone che sconvolge la mente, un’intimazione al proprio destino, ma nello stesso tempo un’irrequietezza dell’autore verso una realtà che troppo spesso è poco decifrabile.
Chiudere con un’altra frase del genere può forse confondere, o forse può essere il modo migliore di non fermarsi al primo impatto con Del Giudice: Non vorrei annoiarla, - ha detto fermandosi un attimo, - ma deve rendersi conto che sono venuto qui con uno scopo preciso. Mi piacerebbe condurla fino a quel punto in cui si smette di capire, si smette di immaginare; io vorrei condurla dove si comincia a sentire.
Buon ascolto.




L’edizione da noi considerata è:

Daniele Del Giudice
Mania
Einaudi



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