RECENSIONI
Simon Reynols
Retromania. Musica, cultura pop e la nostra ossessione per il passato.
ISBN, Pag. 471 Euro 26,90
Camminando per una qualsiasi città occidentale nel 2012 è piuttosto probabile imbattersi in un punk. Fa strano pensare che quel look è stato codificato nei tardi '70 a Londra e, se tornassimo indietro, è verosimilmente difficile pensare a giovani abbigliati anni '40 ai concerti dei Clash.
In quel momento la storia della musica si faceva, non si rimpiangeva. Certamente esistevano delle correnti retrò, ma i dischi nuovi andavano a ruba. Cosa è successo alla creatività dell'uomo? Simon Reynolds – «il più influente critico musicale del pianeta» secondo Rolling Stones – ha una teoria: siamo vittime della Retromania.
Ovviamente, e ci mancherebbe, se la rischia in proprio. Dopo aver passato la vita ad ascoltare, collezionare, commentare la storia della musica e aver scritto alcune pietre miliari: Post Punk 1978-84 e Energy Flash, la bibbia dei ravers anni '90. Ecco puntuale il giudizio al decennio 2000-2010: «Non c'è mai stata una società così ossessionata dal suo passato». Per dimostrarlo si lancia in una vivisezione completa del pop contemporaneo. Rivelando le influenze delle band, gli scopiazzamenti ed enumerando réunion (a volte inaspettate...) e compilation memorabilia.
Con uno stile semplice e raffinato prova a far digerire come la voglia degli anni andati si sia divorata la creatività. Che Internet, un archivio sempre aperto sul passato, permetta a chiunque di prestarsi un beat, campionarlo, e farci successo. Di scoprire l'ascesa dei curatori rock: una minaccia che costringe l'immaterialità della musica in un museo; e l'iPod, agente mutante dell'esperienza estetica post-vinile.
Adesso riesco a spiegarmi perchè sei anni fa la scozzese Sandi Thom raggiunse la vetta delle clasifiche britanniche cantando: 'I Wish I Was a Punk Rocker (With Flowers in My Hair)' – Desideravo essere un rocker punk (con i fiori tra i miei capelli).
Un'orgia revival, ma appetibile al pubblico, come la femme fatale dell'ex punk Simon Reynolds: la nostalgia. Il sentimento patogeno che ci ha intrappolato; insieme alla cultura post-modernista, quasi esaurita in una dimensione web-multitasking.
Benché Retromania non sia un manifesto del cambiamento, né condanni l'attualità, il tour italiano a marzo di Roger Daltrey e soci, non ha forse il retrogusto di seduta spiritica?
di Luigi Cipriani
In quel momento la storia della musica si faceva, non si rimpiangeva. Certamente esistevano delle correnti retrò, ma i dischi nuovi andavano a ruba. Cosa è successo alla creatività dell'uomo? Simon Reynolds – «il più influente critico musicale del pianeta» secondo Rolling Stones – ha una teoria: siamo vittime della Retromania.
Ovviamente, e ci mancherebbe, se la rischia in proprio. Dopo aver passato la vita ad ascoltare, collezionare, commentare la storia della musica e aver scritto alcune pietre miliari: Post Punk 1978-84 e Energy Flash, la bibbia dei ravers anni '90. Ecco puntuale il giudizio al decennio 2000-2010: «Non c'è mai stata una società così ossessionata dal suo passato». Per dimostrarlo si lancia in una vivisezione completa del pop contemporaneo. Rivelando le influenze delle band, gli scopiazzamenti ed enumerando réunion (a volte inaspettate...) e compilation memorabilia.
Con uno stile semplice e raffinato prova a far digerire come la voglia degli anni andati si sia divorata la creatività. Che Internet, un archivio sempre aperto sul passato, permetta a chiunque di prestarsi un beat, campionarlo, e farci successo. Di scoprire l'ascesa dei curatori rock: una minaccia che costringe l'immaterialità della musica in un museo; e l'iPod, agente mutante dell'esperienza estetica post-vinile.
Adesso riesco a spiegarmi perchè sei anni fa la scozzese Sandi Thom raggiunse la vetta delle clasifiche britanniche cantando: 'I Wish I Was a Punk Rocker (With Flowers in My Hair)' – Desideravo essere un rocker punk (con i fiori tra i miei capelli).
Un'orgia revival, ma appetibile al pubblico, come la femme fatale dell'ex punk Simon Reynolds: la nostalgia. Il sentimento patogeno che ci ha intrappolato; insieme alla cultura post-modernista, quasi esaurita in una dimensione web-multitasking.
Benché Retromania non sia un manifesto del cambiamento, né condanni l'attualità, il tour italiano a marzo di Roger Daltrey e soci, non ha forse il retrogusto di seduta spiritica?
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