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CLASSICI

Alfredo Ronci

Quale diversità! “La grande vacanza” di Goffredo Parise.

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Qualcuno potrebbe obiettare: perché il recensore ha preferito il secondo libro di Parise al posto del primo (tanto per intenderci: ll ragazzo morto e le comete)? La risposta è molto semplice, anche se per alcuni potrebbe anche essere non esaustiva e soddisfacente: l’anno, e precisamente il 1953.
Innanzi tutto però occupiamoci della domanda. Parise non fu subito segnalato, e Il ragazzo morto e le comete, scritto nel 1951, non riportò il successo sperato, però si segnalava, in un contesto ormai gonfio di neorealismo post-guerresco, per essere circondato da un’atmosfera surreale e per niente reale (almeno negli intenti). Solo successivamente il romanzo venne riconsiderato, tenendo conto di come lo stesso Parise affrontò gli anni seguenti, a partire da Il prete bello (1954) e il discreto successo internazionale (pregio anche di Eugenio Montale?). Come, cioè, una sorta di imprinting culturale che però ebbe un parziale seguito.
E ora veniamo a noi: come abbiamo detto, la nostra scelta è caduta su La grande vacanza soprattutto per l’anno in cui fu pubblicato. Era il 1953 e accanto a situazioni letterarie d’indubbio fascino ma economicamente fallimentari (pare che la prima edizione del romanzo fu stampato in 1000 copie ma le copie vendute furono all’incirca 50!) fu anche l’anno di notevoli successi commerciali. Tra questi: Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern.
Chi ci segue sa che, ad eccezioni di fughe alternative o di riproposte narrative che s’agganciano ad altri periodi storici, il nostro maggiore intento è quello di mettere di fronte autori, e quindi opere, che siano dello stesso anno e che diano un senso alla ricerca che andiamo realizzando. Ecco dunque perché La grande vacanza, che non ha nulla a che vedere con ambienti di guerra, di morti e sopravvissuti, faccia il paio con Il sergente nella neve (che valuteremo avanti).
Per dire semplicemente questo. Che per quanto si possano incensare e mettere in evidenza situazioni particolari (ripetiamo: erano gli anni del neorealismo e della guerra in toto) c’è sempre l’eccezione che conferma la regola, mi verrebbe da dire… il casus belli.
La trama de La grande vacanza è questa: una nonna e un nipote di circa quindici anni decidono di fare una vacanza in una località dal nome promettente: Beata Tranquilla, che una volta era stato un luogo di villeggiatura elegante con acque curative, una minuscola ville d’eaux insomma.
L’anziana donna e il giovane nipote ci arrivano sotto infausti presagi, con la macchina del parroco, che all’improvviso si blocca nella sterpaglia e lasciando i due protagonisti in uno spazio impervio e vischioso da aggiungere a piedi dopo aver contemplato la morte dello stesso parroco, dovuta ad un incidente sulla via del ritorno.
Giunti a Beata Tranquilla i due cominciano a muoversi in un ambiente sospeso tra sogno e ricordo. Nebbie e ragnatele hanno mutato il volto del luogo di villeggiatura trasformandolo in un ospizio di vecchi.
E questa è la parte meno misteriosa della vicenda, perché da questo momento in poi accadono cose che mettono in pericolo la stessa vita del nipote e che assumono sembianze a volte surreali. Come quando un ometto facendo un inchino dice: Dal momento che lei è una persona colta, mi permetterò di parlare dell’Elisir della Felicità, del Maggiore Silenzio o della Tranquillità Squisita che lei potrà raggiungere attraverso il suicidio. Mi permetta ancora una parola: mille scuse per l’affrettata introduzione. Sempre che lei se la senta di compiere questo supremo atto a penitenza della sua colpa.
Per non parlare della Donna con l’abito bianco… L’indimenticabile Signora non era altri che la sua nave e questa, ora, soltanto ora restava e veleggiava in lui e fuori di lui, alla terza rampa della strada, abbandonata sul ciglio, schiantata e ferita dal temporale.
E’ chiaro che il romanzo mostra anche altro e altri personaggi (persone di una certa età che si mischiano ad altre che sembrano riaffiorare nella mente del protagonista) ed anche, alla fine, la morte della nonna che in qualche modo chiude tutta la Storia.
Nulla dunque a che vedere col neorealismo e con la guerra tanto che Montale disse del romanzo: … un collage, forse, o una fuga, un incastro di volti e oggetti alla Chagall.



L’edizione da noi considerata è:

Goffredo Parise
La grande vacanza
Einaudi



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