CLASSICI
Alfredo Ronci
Qualche sorpresa: “Il bardotto” di Valerio Bertini.

Sarà la stagione calda (torrida, direi), saranno le temperature oltre ogni limite, ma anche nelle scelte editoriali che facciamo c’è del ristagno. Ristagno forse non è il termine giusto, ma indubbiamente nel caso dei classici ci facciamo prendere dai classici.
Giusto qualche mesetto fa mi ero espresso su come sceglievamo appunto i classici, e dicevo, sempre con la speranza di non essere preso in giro, che non eravamo noi a optare per dei libri consigliati, ma erano gli stessi libri a scegliere noi. Che francamente mi sembra una buffonata, ma mi sono accorto, nel corso del tempo, che non è così.
Prendiamo, ad esempio, i due classici che vi presentiamo. Il primo è Il bardotto di Valerio Bertini. Innanzi tutto vediamo chi è costui. Nato nel 1921, ha lavorato in Francia poi, quando è tornato in Italia, si è interessato all’editoria e in breve tempo si è affermato nella Feltrinelli dove ha portato al successo, per lungo tempo, l’Universale Economica. Vogliamo dire allora che è un raccomandato di sé stesso visto che esordisce nel mondo letterario con un romanzo, Il bardotto appunto, che esce per L’Universale Economica?
Francamente non ci interessa. Andiamo su altri lidi ed è per questo che diciamo anche che è stato il libro a catturare noi e non viceversa.
Nel 1959 esce Donnarumma all’assalto, romanzo reportage nato dall’esperienza come selezionatore di Ottiero Ottieri nella Olivetti a Pozzuoli, tanto che alcuni critici di allora lo indicarono come pioniere della letteratura industriale. In cosa consisteva la storia? E’ la storia di un impiegato-psicologo al servizio dell’azienda e il cui compito consiste nel selezionare il personale adatto da assumere. Lo psicologo sa che il suo lavoro è immorale e cerca sempre delle soluzioni in grado di trasformarlo in qualche altra cosa.
Nel 1962 esce Memoriale di Paolo Volponi, più che un atto di accusa contro la pianificazione industriale e il lavoro in fabbrica, è un originale esempio della crisi non solo politica, ma soprattutto psicologica che i lavoratori italiani subirono all’inizio dell’era di mercato.
Ora, detto tutto ciò, cosa c’entra Il bardotto con i due classicissimi della letteratura italiana? C’entra nel momento in cui, a parte il discorso letterario e stilistico dei due romanzi, soprattutto quello di Volponi che mi sembra francamento un passo sopra l’altro (o gli altri), la traccia che si svolge nella trama dei tre è appunto la vita in fabbrica. Ma c’è un però. Il bardotto esce per Feltrinelli nel 1957, cioè due anni prima di Donnarumma e addirittura cinque prima di Memoriale. Vogliamo forse dire che Bertini è stato sottovalutato e la storia delle vicende di fabbrica appartengono prima a lui e poi ai due più noti esponenti letterari italiani?
Ebbene no. A parte Volponi che introduce, forse per la prima volta, un personaggio scosso psicologicamente dalla vita di tutti i giorni, e Ottieri che inserisce la figura di un impiegato psicologo atto a risolvere i problemi dei lavoratori, il resto è certamente la vita in fabbrica, operata però con metodi del tutto diversi.
Il bardotto esce appunto nel 1957, quando ormai il neorealismo è alla sbarra, ma indubbiamente regge ancora il confronto con altre situazioni (ma allora perché introdurre certe differenze organizzative e stilistiche?). Nella storia di Bertini non c’è nulla di innovativo, c’è un padre comunista che non esita a fare confronti con la situazione del 1921, c’è una condizione in fabbrica che non lascia nulla d’intentato (Alla Set, proprio in quei giorni, la direzione dell’officina aveva concesso un aumento di stipendio ai propri dipendenti, escludendo però tutti coloro che avevano partecipato agli scioperi di protesta contro la nuova legge elettorale) e c’è un operaio, appunto Giovanni, che lavorava… nel clima arruffato di una produzione totalmente nuova per l’officina, piena di intralci e di brutte sorprese.
Ora è chiaro che in un contesto come questo è stato il classico di Bertini ad attirare la nostra attenzione. Classico che non si è più ripetuto, non almeno in questi termini, ma che ha lasciato un segno in quella che allora veniva definita la letteratura industriale, ma che fu industriale solo per chi voleva fare delle divisioni.
L’edizione da noi considerata è:
Valerio Bertini
Il bardotto
Universale Economica Feltrinelli
Giusto qualche mesetto fa mi ero espresso su come sceglievamo appunto i classici, e dicevo, sempre con la speranza di non essere preso in giro, che non eravamo noi a optare per dei libri consigliati, ma erano gli stessi libri a scegliere noi. Che francamente mi sembra una buffonata, ma mi sono accorto, nel corso del tempo, che non è così.
Prendiamo, ad esempio, i due classici che vi presentiamo. Il primo è Il bardotto di Valerio Bertini. Innanzi tutto vediamo chi è costui. Nato nel 1921, ha lavorato in Francia poi, quando è tornato in Italia, si è interessato all’editoria e in breve tempo si è affermato nella Feltrinelli dove ha portato al successo, per lungo tempo, l’Universale Economica. Vogliamo dire allora che è un raccomandato di sé stesso visto che esordisce nel mondo letterario con un romanzo, Il bardotto appunto, che esce per L’Universale Economica?
Francamente non ci interessa. Andiamo su altri lidi ed è per questo che diciamo anche che è stato il libro a catturare noi e non viceversa.
Nel 1959 esce Donnarumma all’assalto, romanzo reportage nato dall’esperienza come selezionatore di Ottiero Ottieri nella Olivetti a Pozzuoli, tanto che alcuni critici di allora lo indicarono come pioniere della letteratura industriale. In cosa consisteva la storia? E’ la storia di un impiegato-psicologo al servizio dell’azienda e il cui compito consiste nel selezionare il personale adatto da assumere. Lo psicologo sa che il suo lavoro è immorale e cerca sempre delle soluzioni in grado di trasformarlo in qualche altra cosa.
Nel 1962 esce Memoriale di Paolo Volponi, più che un atto di accusa contro la pianificazione industriale e il lavoro in fabbrica, è un originale esempio della crisi non solo politica, ma soprattutto psicologica che i lavoratori italiani subirono all’inizio dell’era di mercato.
Ora, detto tutto ciò, cosa c’entra Il bardotto con i due classicissimi della letteratura italiana? C’entra nel momento in cui, a parte il discorso letterario e stilistico dei due romanzi, soprattutto quello di Volponi che mi sembra francamento un passo sopra l’altro (o gli altri), la traccia che si svolge nella trama dei tre è appunto la vita in fabbrica. Ma c’è un però. Il bardotto esce per Feltrinelli nel 1957, cioè due anni prima di Donnarumma e addirittura cinque prima di Memoriale. Vogliamo forse dire che Bertini è stato sottovalutato e la storia delle vicende di fabbrica appartengono prima a lui e poi ai due più noti esponenti letterari italiani?
Ebbene no. A parte Volponi che introduce, forse per la prima volta, un personaggio scosso psicologicamente dalla vita di tutti i giorni, e Ottieri che inserisce la figura di un impiegato psicologo atto a risolvere i problemi dei lavoratori, il resto è certamente la vita in fabbrica, operata però con metodi del tutto diversi.
Il bardotto esce appunto nel 1957, quando ormai il neorealismo è alla sbarra, ma indubbiamente regge ancora il confronto con altre situazioni (ma allora perché introdurre certe differenze organizzative e stilistiche?). Nella storia di Bertini non c’è nulla di innovativo, c’è un padre comunista che non esita a fare confronti con la situazione del 1921, c’è una condizione in fabbrica che non lascia nulla d’intentato (Alla Set, proprio in quei giorni, la direzione dell’officina aveva concesso un aumento di stipendio ai propri dipendenti, escludendo però tutti coloro che avevano partecipato agli scioperi di protesta contro la nuova legge elettorale) e c’è un operaio, appunto Giovanni, che lavorava… nel clima arruffato di una produzione totalmente nuova per l’officina, piena di intralci e di brutte sorprese.
Ora è chiaro che in un contesto come questo è stato il classico di Bertini ad attirare la nostra attenzione. Classico che non si è più ripetuto, non almeno in questi termini, ma che ha lasciato un segno in quella che allora veniva definita la letteratura industriale, ma che fu industriale solo per chi voleva fare delle divisioni.
L’edizione da noi considerata è:
Valerio Bertini
Il bardotto
Universale Economica Feltrinelli
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