RECENSIONI
Sergio Solmi
Meditazioni sullo Scorpione
Gli Adelphi, Pag. 157 Euro 12,00
Scrive l’autore all’inizio del volume: Il presente libro raccoglie prose di varia materia ed ispirazione, che vanno dal 1925 fino ad oggi. Se non vado errato, vi si può riconoscere un filo unitario proprio nel loro carattere ambiguo, bifronte, oscillante tra l’asciuttezza dell’aforisma e il pieno abbandono al colore.
Non voglio tediare nessuno, ma ha proprio ragione lui. Gli scritti di Solmi, come dice l’adelphi da qualche parte, non sono racconti, non è letteratura vera e propria. Sono solo immagini che si colorano di una tinta che l’età ha poi reso ordinatamente confusi.
Il libro è una riedizione di un classico che fu pubblicato, sempre da Adelphi, nel 1972, e spazia da un’oscillazione all’altra, da un’illuminazione all’altra, creando, in alcuni casi, pagine di un’interezza e di una complessità difficilmente riscontrabile nella letteratura dell’epoca.
Solmi la dice lunga su tutto.
Sulla poesia: Far poesia, in fondo, vuol dire senz’altro riconoscersi.
Sull’uomo: E forse per questo l’uomo è uno specchio che si fa chiaro soltanto con la morte.
Sulla vita: Cosa sarebbe scrivere d’arte, di critica, se non fosse in pari tempo scrivere della ‘vita’?
Sull’arte: E mi pare che l’arte non sia nulla ove non si leghi a questa distensione profonda del senso, a questo sonno del pensiero, ritrovamento di radici remote: a questo barlume di infanzia rinata.
Sulla morte e la follia: Come alla Bordighera ostensibile preferisco la Bordighera in disfacimento, così al mondo della manifestazione apparente preferisco l’altra metà notturna, abitata dai deliranti fantasmi della morte, della follia e dell’amore.
Ma sono io che su tutto e tutti preferisco il Solmi più distratto: quando munito di verve provocatoria trovai in libreria un volume di un critico italiano dedicato esclusivamente al fantastico e alla fantascienza, precisamente Letteratura e società. Saggi sul fantastico. La responsabilità della cultura. Scritti di argomento storico e politico. Un evento. E per me una grande soddisfazione. E non credo sia difficile capire il perché.
di Alfredo Ronci
Non voglio tediare nessuno, ma ha proprio ragione lui. Gli scritti di Solmi, come dice l’adelphi da qualche parte, non sono racconti, non è letteratura vera e propria. Sono solo immagini che si colorano di una tinta che l’età ha poi reso ordinatamente confusi.
Il libro è una riedizione di un classico che fu pubblicato, sempre da Adelphi, nel 1972, e spazia da un’oscillazione all’altra, da un’illuminazione all’altra, creando, in alcuni casi, pagine di un’interezza e di una complessità difficilmente riscontrabile nella letteratura dell’epoca.
Solmi la dice lunga su tutto.
Sulla poesia: Far poesia, in fondo, vuol dire senz’altro riconoscersi.
Sull’uomo: E forse per questo l’uomo è uno specchio che si fa chiaro soltanto con la morte.
Sulla vita: Cosa sarebbe scrivere d’arte, di critica, se non fosse in pari tempo scrivere della ‘vita’?
Sull’arte: E mi pare che l’arte non sia nulla ove non si leghi a questa distensione profonda del senso, a questo sonno del pensiero, ritrovamento di radici remote: a questo barlume di infanzia rinata.
Sulla morte e la follia: Come alla Bordighera ostensibile preferisco la Bordighera in disfacimento, così al mondo della manifestazione apparente preferisco l’altra metà notturna, abitata dai deliranti fantasmi della morte, della follia e dell’amore.
Ma sono io che su tutto e tutti preferisco il Solmi più distratto: quando munito di verve provocatoria trovai in libreria un volume di un critico italiano dedicato esclusivamente al fantastico e alla fantascienza, precisamente Letteratura e società. Saggi sul fantastico. La responsabilità della cultura. Scritti di argomento storico e politico. Un evento. E per me una grande soddisfazione. E non credo sia difficile capire il perché.
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