RECENSIONI
Franco Bergoglio
Magazzino Jazz
Mobydick – I libri dello Zelig, Pag. 92 Euro 10,00
Non amo molto la critica jazz: sembra che i recensori, presi dal fuoco sacro dell'immaginifica letterarietà, più che parlar di musica, siano indaffarati a costruir monumenti e muri di Berlino. Uno dei padri del nostro indigeno orticello, Arrigo Polillo, quando uscì il suo 'solenne' Jazz (tra l'altro di nuovo in libreria nell'ennesima ristampa!) si distinse per una valutazione approssimata e schifiltosa della musica rock anni sessanta (vi chiederete, cosa c'entri il rock con il jazz? Già la domanda vi accosta al Polillo per limiti concettuali).
Per non parlare del dotto Luciano Federighi che osò tacciare di sguaiataggine una delle cantanti più complete dello show business americano: l'adorata Bette Midler.
Ci si indigna per dir cosa? Che è giusto che il jazz sia ritenuto padre (madre) di tutte le cose, ma le varie figliolanze devono pretendere altrettanto riguardo perché vive e soprattutto più stimolanti.
E invece...
Franco Bergoglio, molto più giovane dei precedenti colleghi, ancorché vivi, ma anche lui soggiogato dalla malia di genere (si definisce scrittore al servizio del jazz), ha finalmente un approccio diverso alla materia a cominciare, come dice lui, dal 'martirio dei numeri': Lo studioso che intende occuparsi di jazz deve accettare, almeno quanto il musicista, il martirio dei numeri. Pensiamo a quanto è scarso il pubblico, eccezion fatta per alcune note rassegne del periodo estivo-festivaliero...
Nel suo caso la presa d'atto che il jazz ha pubblico scelto e scarso non presuppone un'alterigia elitaria. Al contrario, pur rimanendo in ambiti circoscritti (in fondo il titolo è chiaro: Magazzino Jazz), spesso Bergoglio si confronta con le figliolanze e con le 'devianze'.
Poi ci sembra giusto che vada per la sua strada: un racconto sul sax, uno sulle play list da isola deserta, uno sui collezionisti ossessivi, uno su Valery Ponomarev, trombettista russo che suonò con Art Blakey, uno sulle varie versioni di 'My favorite things' suonate da Coltrane, un altro, assai curioso, sull'equiparazione tra jazz e boxe (con un appunto, francamente fuori luogo: E visto che ci siamo,perché non dirlo?Molti percussionisti hanno uno speciale con la boxe: alla fine si tratta sempre di picchiare delle pelli). Sic!!!!!!
Siamo di fronte dunque ad un libriccino svelto e per nulla pretenzioso, che s'accosta alla materia sacra non disegnando la profana e soprattutto avendo per quest'ultima un occhio di riguardo. Fosse una svolta?
di Alfredo Ronci
Per non parlare del dotto Luciano Federighi che osò tacciare di sguaiataggine una delle cantanti più complete dello show business americano: l'adorata Bette Midler.
Ci si indigna per dir cosa? Che è giusto che il jazz sia ritenuto padre (madre) di tutte le cose, ma le varie figliolanze devono pretendere altrettanto riguardo perché vive e soprattutto più stimolanti.
E invece...
Franco Bergoglio, molto più giovane dei precedenti colleghi, ancorché vivi, ma anche lui soggiogato dalla malia di genere (si definisce scrittore al servizio del jazz), ha finalmente un approccio diverso alla materia a cominciare, come dice lui, dal 'martirio dei numeri': Lo studioso che intende occuparsi di jazz deve accettare, almeno quanto il musicista, il martirio dei numeri. Pensiamo a quanto è scarso il pubblico, eccezion fatta per alcune note rassegne del periodo estivo-festivaliero...
Nel suo caso la presa d'atto che il jazz ha pubblico scelto e scarso non presuppone un'alterigia elitaria. Al contrario, pur rimanendo in ambiti circoscritti (in fondo il titolo è chiaro: Magazzino Jazz), spesso Bergoglio si confronta con le figliolanze e con le 'devianze'.
Poi ci sembra giusto che vada per la sua strada: un racconto sul sax, uno sulle play list da isola deserta, uno sui collezionisti ossessivi, uno su Valery Ponomarev, trombettista russo che suonò con Art Blakey, uno sulle varie versioni di 'My favorite things' suonate da Coltrane, un altro, assai curioso, sull'equiparazione tra jazz e boxe (con un appunto, francamente fuori luogo: E visto che ci siamo,perché non dirlo?Molti percussionisti hanno uno speciale con la boxe: alla fine si tratta sempre di picchiare delle pelli). Sic!!!!!!
Siamo di fronte dunque ad un libriccino svelto e per nulla pretenzioso, che s'accosta alla materia sacra non disegnando la profana e soprattutto avendo per quest'ultima un occhio di riguardo. Fosse una svolta?
di Alfredo Ronci
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