ATTUALITA'
Marco Drago (*)
Il romanzo controvoglia

Difficile spiegare un'intolleranza, specie se si è, per formazione politica, un tollerante per antonomasia. Vanno forte le intolleranze alimentari, che spiegano malesseri speciali in individui aflitti da dolori articolari, stanchezza e gonfiore delle membra. Vanno forte le intolleranze sociali, con cerchie di fighetti fermi agli anni ottanta circondati di plebaglia qualunque che fa fatica a tirare innanzi. Vanno forte le intolleranze politiche, da destra e manca, basta definirsi "leghista" e si passa, giustamente, per intollerante, subendo al contempo intolleranze pesantissime da parte dei tolleranti. Sono intolleranze davanti agli occhi di tutti, ma sono tutte difficilmente spiegabili, comprensibili e, in alcuni casi, giustificabili.
L'intolleranza per la forma "romanzo", ad esempio, esiste ed è diffusissima. Raramente esce fuori nei discorsi di tutti i giorni, ma se provaste a parlarne e a indagare, restereste sorpresi dall'entità del fenomeno. Scavando nei ricordi mi sovviene un'amica di estrema destra, si era nei primi anni novanta, lei era di Torino, emigrata dall'Australia quand'era bambina, ma italiana, il padre aveva fatta la doppia emigrazione Veneto-Australia-Piemonte in pochi anni. Bene, questa amica, che vent'anni fa aveva poco più di vent'anni, non leggeva romanzi. Diceva che non riusciva a capire che cosa dovesse imparare da un mucchio di cose inventate. Io ero nel pieno della mia passione mistica per la narrativa ed ero sgomento. Mi sembrava una posizione innanzitutto bizzarra, anomala, tipica di studenti di ingegneria o matematica, ma non applicabile a una persona intelligente e preparata come la mia amica. Lei leggeva dei saggi sulla "mondializzazione", che era il modo in cui allora si chiamava la gloibalizzazione, e vaticinava su una società allo sbando, in cui i valori tradizionali sarebbero stati spazzati via e bisognava far qualcosa. Aveva una foto di Ezra Pound nel suo piccolo appartamento torinese e mi faceva piacere vedere la barba bianca del vecchio Ezra troneggiare nella casetta di una ventenne. Era una specie di luce di saggezza in quel tempio di cultura neo nazista. I libri dell'amica erano quelli classici: Céline (allora li leggeva i romanzi, o era solo una specie di consuetudine da rispettare quella di Céline?), Evola, Juenger, e poi riviste e poi musica elettronica industriale belga. Una sera io e quest'amica andammo a cena con Sandro Veronesi a Torino. Lui insegnava alla Holden, io ero un suo protegé (si fa per dire) e ricordo che tra i due nacque una simpatia molto evidente, Veronesi è un bel ragazzo e poi si era nel '93 e si era tutti molto più giovani. E insomma a tavola si vedeva che i due si garbavano, solo che uno era un romanziere di sinistra ortodossa e l'altra una intollerante ai romanzi di estrema destra. E' stato divertente. Poi Veronesi è andato in hotel col taxi mentre io e lei abbiamo aspettato quaranta minuti un autobus e poi alla fine ce la siamo fatta a piedi da Corso Dante a non so dove, due ore almeno.
Tutta 'sta menata per dire che come lettore non finisco un romanzo da anni (tranne poche eccezioni) e che come scrittore ne comincio cinque al mese e poi smetto.
Leggo biografie, saggi, articoli, memorie, autobiografie, autofiction alla Carrère, poesie, statistiche di calcio, qualche racconto, ma romanzi non ce la faccio. Ho letto tutto Le correzioni di Franzen e mi sembrava di essere ai tempi di Victor Hugo o, meglio, di Balzac. Tutti 'sti anni e siamo a Balzac. Ma Joyce, novant'anni fa, non aveva già fatto capire che alla fine puoi scrivere mille pagine su una giornata a Dublino senza che succeda un tubo e che quindi tanto vale smetterla e attaccarsi alla glossolalia (Finnegan's Wake)? Ho letto tutto il libro di Gianluigi Ricuperati, Il mio impero è nell'aria e ci ho messo due giorni a leggere la prima parte e due mesi a leggere la seconda. La fiamma iniziale si spegneva man mano che la storia si intorcinava in trovate piene di letteratura e prive di vita.
Bel problema, per uno che come unica chance per farsi dare qualche migliaio di euro è consegnare un bel romanzo a un editore. Insisto con i raccontini, il memoir, mi dicono: "Fanne un romanzo". Non conta niente che a me faccia abbastanza orrore pensare di mettermi a scrivere un romanzo. Ma alla fine lo farò. Il "romanzo controvoglia" potrebbe essere anche il seme iniziale di una nuova scuola estetica. Da anni come questo potremmo aspettarci anche una cosa così.
(*) Marco Drago ha scritto: L'amico del pazzo (Feltrinelli Editore); Cronache da chissà dove (Minimum Fax); Domenica sera(Feltrinelli Editore); Zolle (Feltrinelli Editore).
È stato fondatore e direttore della rivista letteraria Maltese Narrazioni uscita dal 1989 al 2007.
L'intolleranza per la forma "romanzo", ad esempio, esiste ed è diffusissima. Raramente esce fuori nei discorsi di tutti i giorni, ma se provaste a parlarne e a indagare, restereste sorpresi dall'entità del fenomeno. Scavando nei ricordi mi sovviene un'amica di estrema destra, si era nei primi anni novanta, lei era di Torino, emigrata dall'Australia quand'era bambina, ma italiana, il padre aveva fatta la doppia emigrazione Veneto-Australia-Piemonte in pochi anni. Bene, questa amica, che vent'anni fa aveva poco più di vent'anni, non leggeva romanzi. Diceva che non riusciva a capire che cosa dovesse imparare da un mucchio di cose inventate. Io ero nel pieno della mia passione mistica per la narrativa ed ero sgomento. Mi sembrava una posizione innanzitutto bizzarra, anomala, tipica di studenti di ingegneria o matematica, ma non applicabile a una persona intelligente e preparata come la mia amica. Lei leggeva dei saggi sulla "mondializzazione", che era il modo in cui allora si chiamava la gloibalizzazione, e vaticinava su una società allo sbando, in cui i valori tradizionali sarebbero stati spazzati via e bisognava far qualcosa. Aveva una foto di Ezra Pound nel suo piccolo appartamento torinese e mi faceva piacere vedere la barba bianca del vecchio Ezra troneggiare nella casetta di una ventenne. Era una specie di luce di saggezza in quel tempio di cultura neo nazista. I libri dell'amica erano quelli classici: Céline (allora li leggeva i romanzi, o era solo una specie di consuetudine da rispettare quella di Céline?), Evola, Juenger, e poi riviste e poi musica elettronica industriale belga. Una sera io e quest'amica andammo a cena con Sandro Veronesi a Torino. Lui insegnava alla Holden, io ero un suo protegé (si fa per dire) e ricordo che tra i due nacque una simpatia molto evidente, Veronesi è un bel ragazzo e poi si era nel '93 e si era tutti molto più giovani. E insomma a tavola si vedeva che i due si garbavano, solo che uno era un romanziere di sinistra ortodossa e l'altra una intollerante ai romanzi di estrema destra. E' stato divertente. Poi Veronesi è andato in hotel col taxi mentre io e lei abbiamo aspettato quaranta minuti un autobus e poi alla fine ce la siamo fatta a piedi da Corso Dante a non so dove, due ore almeno.
Tutta 'sta menata per dire che come lettore non finisco un romanzo da anni (tranne poche eccezioni) e che come scrittore ne comincio cinque al mese e poi smetto.
Leggo biografie, saggi, articoli, memorie, autobiografie, autofiction alla Carrère, poesie, statistiche di calcio, qualche racconto, ma romanzi non ce la faccio. Ho letto tutto Le correzioni di Franzen e mi sembrava di essere ai tempi di Victor Hugo o, meglio, di Balzac. Tutti 'sti anni e siamo a Balzac. Ma Joyce, novant'anni fa, non aveva già fatto capire che alla fine puoi scrivere mille pagine su una giornata a Dublino senza che succeda un tubo e che quindi tanto vale smetterla e attaccarsi alla glossolalia (Finnegan's Wake)? Ho letto tutto il libro di Gianluigi Ricuperati, Il mio impero è nell'aria e ci ho messo due giorni a leggere la prima parte e due mesi a leggere la seconda. La fiamma iniziale si spegneva man mano che la storia si intorcinava in trovate piene di letteratura e prive di vita.
Bel problema, per uno che come unica chance per farsi dare qualche migliaio di euro è consegnare un bel romanzo a un editore. Insisto con i raccontini, il memoir, mi dicono: "Fanne un romanzo". Non conta niente che a me faccia abbastanza orrore pensare di mettermi a scrivere un romanzo. Ma alla fine lo farò. Il "romanzo controvoglia" potrebbe essere anche il seme iniziale di una nuova scuola estetica. Da anni come questo potremmo aspettarci anche una cosa così.
(*) Marco Drago ha scritto: L'amico del pazzo (Feltrinelli Editore); Cronache da chissà dove (Minimum Fax); Domenica sera(Feltrinelli Editore); Zolle (Feltrinelli Editore).
È stato fondatore e direttore della rivista letteraria Maltese Narrazioni uscita dal 1989 al 2007.
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