RECENSIONI
Imma Turbau
Il gioco dell'impiccato
Castelvecchi, Pag. 173 Euro 12,00
A proposito di giochi: in genere nel meccanismo di cui si compone c'è sempre il trucco. O la furbata, se l'iniziativa è personale al di là della struttura stessa della composizione. Nessuno può pensare ad un passatempo senza che ci siano tentativi di deviazione. Qualcuno si chiederà: ma cosa sta blaterando? Cosa c'entra tutto questo con un romanzo spagnolo? Cerco di farmi capire meglio.
Nel romanzo di Pulsatilla (curiosamente sempre edito da Castelvecchi) La ballata delle prugne secche ad un certo punto vi è un riferimento diretto ad un critico musicale, Riccardo Bertoncelli.
Dunque, quel passo è una furbata, un meccanismo cioè messo in pratica per rafforzare la valenza giovanilistica del testo. Nel senso: come può una ventiseienne, che non dà, in altre occasioni, sfoggio particolare di erudizione musicale pop se non qualche riferimento ai soliti quattro/cinque nomi ricorrenti e di cui si ha spesso nausea, imbattersi in un nome del genere (un umano di 45/50 anni che avesse avuto l'ardire di citarlo avrebbe avuto la mia benedizione senza accuse di nessun tipo) se non supponendo che l'imbeccata sia esterna e che quindi non tutta la farina del costrutto sia del suo sacco?
Dunque gioco si dirà: cioè a dire, un tavolino, sei sedie, sei persone (e non è detto che la presunta autrice sia presente) e un progetto da portare avanti per tentare il colpo e coprirsi di gloria. Un po' come giocare a Monopoli.
Quando invece il gioco è corretto (senza sgambetti e senza imbeccate) e si capisce l'assoluta estraneità dell'autrice a "complotti" mercificanti? Se ne ha un esempio nel libro della Turbau. Autrice trentenne (o giù di lì, la terza di copertina indica solo che è nata a Girona negli anni settanta) in un passo del romanzo cita la cantante venezuelana Chavela Vargas.
Beh, dirà qualcuno, che vuol dire?
Vuol dire che in un impianto anch'esso giovanile il riferimento culturale, e che colpisce, non è dettato da un'imposizione che vorrebbe rendere l'impianto adatto alle esigenze, ma da un'effettiva corrispondenza di cuore e mente. Tra l'altro la Vargas è scelta di inusitata finezza e di coraggio: cantante appassionata sì, ma anche lesbica dichiarata a settant'anni. Ed è tutto dire.
Brava dunque la Turbau nel rispettare le regole del gioco (sembra ridicolo, ma stiamo parlando di un libro e delle "sponde" culturali dell'autore e spero nel frattempo che i lettori pazienti abbiano capito il senso del mio dire e abbiano soprattutto approvato), ma non tutt'oro è quel che luccica.
Il gioco dell'impiccato è un libro su uno stupro, sul velo pietoso steso su di esso e su un mistero sempre ad esso collegato. Con uno stormir di fronde spesso sentimentali e crepuscolari e sempre in agguato, pagina dopo pagina.
Non c'è molto da dire, la vicenda scorre lineare, caratterizzata da una scrittura piana senza scosse e senza incespi e che l'autrice accompagna fino alla fine compiendo un discreto tema in classe.
Sei e mezzo, ma la ragazza maturerà.
Sempre sull'albero.
E sempre come un caco, come diciamo noi.
di Alfredo Ronci
Nel romanzo di Pulsatilla (curiosamente sempre edito da Castelvecchi) La ballata delle prugne secche ad un certo punto vi è un riferimento diretto ad un critico musicale, Riccardo Bertoncelli.
Dunque, quel passo è una furbata, un meccanismo cioè messo in pratica per rafforzare la valenza giovanilistica del testo. Nel senso: come può una ventiseienne, che non dà, in altre occasioni, sfoggio particolare di erudizione musicale pop se non qualche riferimento ai soliti quattro/cinque nomi ricorrenti e di cui si ha spesso nausea, imbattersi in un nome del genere (un umano di 45/50 anni che avesse avuto l'ardire di citarlo avrebbe avuto la mia benedizione senza accuse di nessun tipo) se non supponendo che l'imbeccata sia esterna e che quindi non tutta la farina del costrutto sia del suo sacco?
Dunque gioco si dirà: cioè a dire, un tavolino, sei sedie, sei persone (e non è detto che la presunta autrice sia presente) e un progetto da portare avanti per tentare il colpo e coprirsi di gloria. Un po' come giocare a Monopoli.
Quando invece il gioco è corretto (senza sgambetti e senza imbeccate) e si capisce l'assoluta estraneità dell'autrice a "complotti" mercificanti? Se ne ha un esempio nel libro della Turbau. Autrice trentenne (o giù di lì, la terza di copertina indica solo che è nata a Girona negli anni settanta) in un passo del romanzo cita la cantante venezuelana Chavela Vargas.
Beh, dirà qualcuno, che vuol dire?
Vuol dire che in un impianto anch'esso giovanile il riferimento culturale, e che colpisce, non è dettato da un'imposizione che vorrebbe rendere l'impianto adatto alle esigenze, ma da un'effettiva corrispondenza di cuore e mente. Tra l'altro la Vargas è scelta di inusitata finezza e di coraggio: cantante appassionata sì, ma anche lesbica dichiarata a settant'anni. Ed è tutto dire.
Brava dunque la Turbau nel rispettare le regole del gioco (sembra ridicolo, ma stiamo parlando di un libro e delle "sponde" culturali dell'autore e spero nel frattempo che i lettori pazienti abbiano capito il senso del mio dire e abbiano soprattutto approvato), ma non tutt'oro è quel che luccica.
Il gioco dell'impiccato è un libro su uno stupro, sul velo pietoso steso su di esso e su un mistero sempre ad esso collegato. Con uno stormir di fronde spesso sentimentali e crepuscolari e sempre in agguato, pagina dopo pagina.
Non c'è molto da dire, la vicenda scorre lineare, caratterizzata da una scrittura piana senza scosse e senza incespi e che l'autrice accompagna fino alla fine compiendo un discreto tema in classe.
Sei e mezzo, ma la ragazza maturerà.
Sempre sull'albero.
E sempre come un caco, come diciamo noi.
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