RECENSIONI
Daniel Keyes
Fiori per Algernon
TEA, Pag. 270 Euro 12.00
Diciamolo subito: relegare Fiori per Algernon nella categoria della fantascienza è un terribile errore. Il “genere” (che noi amiamo da sempre) gli sta stretto, perché questo è un romanzo che è un piccolo-grande capolavoro della letteratura che sfugge alle classificazioni, e che il New York Time ha definito “magistrale e profondamente toccante.”
“Michiamo Charlie Gordon e lavvoro nela paneteria di Donner (…)”. Avete letto bene, non si tratta di errori di battitura del recensore, ma del diario tenuto da Charlie, nato con alcune deficienze cognitive e rimasto un minus habens fino all’età di trentadue anni. A quell’età, infatti, viene sottoposto a un’operazione che finora era stata tentata solo su un topolino, Algernon, che dà il titolo al romanzo. Algernon ha triplicato il suo QI e lo stesso avviene a Charlie, che in breve inizia a fare progressi.
Charlie, insomma, mangia la mela dell’albero della conoscenza, con tutto quello che ne consegue. Comincia a “capire”, a distinguere, impara cos’è la lussuria e la vergogna. Nella sua lenta trasformazione Charlie Gordon diventa perciò una specie di metafora dell’intero genere umano scacciato dal paradiso terrestre. Impara tante lingue, a suonare e comporre musica, ma la sua intelligenza mette “un cuneo tra tutti coloro che conoscevo e amavo”. Insomma la conoscenza è pericolosa, significa rimanere soli, isolarsi dalla massa.
Ristampato da TEA per l’ennesima volta (il romanzo esce per la prima volta nel 1959) Fiori per Algernon è perciò un romanzo con implicazioni psicologiche e filosofiche importanti. Ci parla della conoscenza, di cosa significhi vedere le cose in modo diverso dalla massa. Ma c’è un ma…
Da leggere. Assolutamente.
di Agostino Morgante
“Michiamo Charlie Gordon e lavvoro nela paneteria di Donner (…)”. Avete letto bene, non si tratta di errori di battitura del recensore, ma del diario tenuto da Charlie, nato con alcune deficienze cognitive e rimasto un minus habens fino all’età di trentadue anni. A quell’età, infatti, viene sottoposto a un’operazione che finora era stata tentata solo su un topolino, Algernon, che dà il titolo al romanzo. Algernon ha triplicato il suo QI e lo stesso avviene a Charlie, che in breve inizia a fare progressi.
Charlie, insomma, mangia la mela dell’albero della conoscenza, con tutto quello che ne consegue. Comincia a “capire”, a distinguere, impara cos’è la lussuria e la vergogna. Nella sua lenta trasformazione Charlie Gordon diventa perciò una specie di metafora dell’intero genere umano scacciato dal paradiso terrestre. Impara tante lingue, a suonare e comporre musica, ma la sua intelligenza mette “un cuneo tra tutti coloro che conoscevo e amavo”. Insomma la conoscenza è pericolosa, significa rimanere soli, isolarsi dalla massa.
Ristampato da TEA per l’ennesima volta (il romanzo esce per la prima volta nel 1959) Fiori per Algernon è perciò un romanzo con implicazioni psicologiche e filosofiche importanti. Ci parla della conoscenza, di cosa significhi vedere le cose in modo diverso dalla massa. Ma c’è un ma…
Da leggere. Assolutamente.
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