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CLASSICI

Alfredo Ronci

Due storie perfette, ma una “incantevole”: “Due storie di donne” di Rolando Cristofanelli.

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Come già preannunciato nel profilo dedicato a Bertini, eccoci ora a parlare di Rolando Cristofanelli. Anche qui vale il discorso fatto in precedenza: è stato il classico contenuto nel romanzo di Cristofanelli a decidere sulla sua importanza, piuttosto che noi ad armeggiare perché poi lo si possa considerare un classico.
L’anno di uscita delle due storie (l’opera è composta da due racconti), sempre per la Feltrinelli Economica, è il 1959. E non ci stancheremo mai di dire che è un anno molto particolare per la letteratura italiana: da una parte l’ormai asfissiante tematica neorealista che infatti morirà di lì a poco, e dall’altra l’avvento di veri e propri dittatori nel nuovo sentire narrativo e linguistico che sapranno dare una svolta non indifferente a tutto il panorama letterario italiano: il Gruppo ’63.
La domanda sorge spontanea: e in mezzo a questi due movimenti cosa c’è stato? Mi pare francamente ovvio che non si poteva disquisire sulla letteratura avendo a disposizione solo quei due elementi, anche perché l’umano sentire è assolutamente incasellabile in certi frangenti.
C’è stato, se proprio vogliamo essere sinceri, un moto letterario che, ancor meglio di certi proclami artistici e denigratori (ma dall’altra parte un provare ormai vecchio e stantìo) ha delineato, anche con precisioni, certi dettami letterari.
Non voglio forzare la questione ma Cristofanelli, pur nella brevità della sua opera, si pone esattamente a metà delle due sponde e realizza, soprattutto nella seconda parte della vicenda, un’opera che noi orchi propendiamo per una storia assolutamente classica.
Vediamo i particolari. Il libro, come già annunciato, è diviso in due racconti. Il primo, Cristina, pur se scritto con elegante sintesi (ma ci si chiede come mai, per un esordio letterario, si sia scelto di raccontare con piglio femminile una storia che forse avrebbe potuto estrinsecarsi in maniera del tutto diversa) parla delle vicende di Cristina appunto che, dopo aver accettato le avances di un uomo che inizialmente era stato scelto per la sorella, assillata dalle di lui pretese, (Nei tratti di strada che percorrevamo a piedi spesso lui si fermava a guardare le donne senza curarsi di me, con insistenza, masticando parole oscene come ne provasse profonda soddisfazione. In questi casi io dovevo rassegnarmi al suo capriccio, né mi conveniva tirarlo per un braccio perché era capace di tirarmi in mezzo alla strada e correre dietro la donna che aveva richiamato la sua attenzione.) deciderà di rimanere sola, ma soddisfatta. Ovviamente una vicenda che ora potremmo definire banale ma, considerati i tempi, 1959, e considerato soprattutto il fatto che a raccontarla sia un ometto e non una femminuccia, dovremmo dire che siamo di fronte ad un bel narrare.
Di ben altra portata il secondo racconto La diva. Qui invece la storia è un po’ più alta (ma attenzione, il raccontare è appena al di sopra del neorealismo): una ragazza, che studia musica anche grazie alla passione di suo padre, conosce un ragazzo che lavora nella cinematografica e le consiglia di provare la strada del cinema. Non avendo ottenuto risultati significati la ragazza, sempre su consiglio dell’uomo, tenta la carta della bellezza presentandosi ad un concorso alla moda. Pur riuscendo ad ottenere il secondo posto, non riesce a fare di più e alla fine, consigliata anche dai suoi genitori, se ne va in un posto di villeggiatura per raccogliere le forze.
Qui l’uomo, che le è sempre vicino, durante una serata s’interessa ad un’altra ragazza. Che poi il giorno dopo sarà trovata cadavere. Chi è stato ad ucciderla?
Lui, (l’uomo) di fronte a chi indaga: Questa sciagurata ieri sera mi ha fatto una scena di gelosia. (…). Lo possono confermare gli amici della pensione. Era gelosa di Anna.
Lei (la donna) di fonte a chi indaga: E’ impossibile (…). Quel giovane non è capace di passare sopra una formica.
Il colpevole non sarà mai trovato. La donna, prima incarcerata, sarà rilasciata su un pagamento di cauzione dello stesso uomo che l’aveva anche importunata.
Un racconto sottile, intelligentissimo che, se Cristofanelli avesse avuto più fortuna, avrebbe dato magari la stura ad altre possibili soluzioni narrative (perché non un giallo?). E invece l’assoluto silenzio con cui è stata accolta l’arte dello scrittore ha portato ad una completa assenza di rumori.




L’edizione da noi considerata è:

Rolando Cristofanelli
Due storie di donne
Universale Economica Feltrinelli



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