RECENSIONI
John Steinbeck
Diario russo. Con le fotografie di Robert Capa.
Bompiani, Giorgio Monicelli, Pag. 307 Euro 20.00
…Ora è notte tarda e io sono seduto nel centro di una stanza d’albergo estremamente cupa, circondato da centonovanta milioni di russi, quattro macchine fotografiche, poche dozzine di pellicole impressionate e molte di più non ancora impressionate, uno Steinbeck che dorme, e io non sono per niente contento. I centonovanta milioni di russi sono contro di me. Non ci sono scontri all’angolo delle strade, nei casi di libero amore che facciano scandalo, non hanno un aspetto che salti all’occhio, ma sono gente onesta, dabbene e dedita al lavoro; e per un fotografo sono un cibo che non sa di niente. Del resto pare che amino quel loro modo di vivere e odino farsi fotografare. Le mie quattro macchine fotografiche, abituate a guerre e rivoluzioni, sono deluse e tutte le volte che faccio uno scatto c’è qualcosa che va storto. Per di più mi ritrovo con tre Steinbeck invece di uno.
Non è strano che abbia scelto alcune righe di un intervento del fotografo Capa e non quelle più illuminanti del premio Nobel Steinbeck: in poche righe il compagno dello scrittore da un’idea di quella che è stata l’avventura russa e il significato più profondo del viaggio.
In questo Diario russo non c’è nulla di politico, non c’è nulla della spocchiosa determinazione del pensiero americano. C’è solo l’intenzione di osservare e rendersi conto della naturale predisposizione di un popolo alla ricerca della pace e della tranquillità del vivere. Ma mentre Steinbeck, con la sua capacità di sintesi letteraria, ci offre uno spaccato lontano da ogni retorica americana, Capra, con la sua dinamica fotografica, va oltre e ci sbatte addosso una realtà senza fronzoli ma assai accattivante e battagliera.
Ma le differenze tra i due sono minime: in Steinbeck ritroviamo un’attitudine alla ricerca del buon vivere (per quanto gli americani avessero detto che il Nobel a lui assegnato fosse un premio alla memoria) che mai fu pastoia o luogo comune. Quello che più gli gradiva era una visione intera e completa dell’esistere comprensiva di tutti i modi e maniere della convivenza. Non c’è intellighenzia o altra castroneria che la fa da padrone.
Diario russo, se vogliamo, è un diario del cuore. Senz’altro intento che quello di osservare lucidamente e scrivere senza fraintendimenti o odiose coperture politiche la vita e le opere del popolo russo.
Scrive (stavolta ) Steinbeck: “All’inferno la politica!” Ricordo di essermi cimentato in una danza georgiana con una donna bellissima, che poi risultò essere la più grande ballerina della nazione. Ricordo che cantavamo tutti insieme per la strada, e che la polizia, venuta a vedere che cosa stesse succedendo, si era unita al coro. Il signor Chmarskij era piuttosto su di giri. Era nuovo alla Georgia quanto noi. Caddero le barriere linguistiche, caddero le frontiere nazionali, e non ci fu più bisogno di traduzioni.
di Alfredo Ronci
Non è strano che abbia scelto alcune righe di un intervento del fotografo Capa e non quelle più illuminanti del premio Nobel Steinbeck: in poche righe il compagno dello scrittore da un’idea di quella che è stata l’avventura russa e il significato più profondo del viaggio.
In questo Diario russo non c’è nulla di politico, non c’è nulla della spocchiosa determinazione del pensiero americano. C’è solo l’intenzione di osservare e rendersi conto della naturale predisposizione di un popolo alla ricerca della pace e della tranquillità del vivere. Ma mentre Steinbeck, con la sua capacità di sintesi letteraria, ci offre uno spaccato lontano da ogni retorica americana, Capra, con la sua dinamica fotografica, va oltre e ci sbatte addosso una realtà senza fronzoli ma assai accattivante e battagliera.
Ma le differenze tra i due sono minime: in Steinbeck ritroviamo un’attitudine alla ricerca del buon vivere (per quanto gli americani avessero detto che il Nobel a lui assegnato fosse un premio alla memoria) che mai fu pastoia o luogo comune. Quello che più gli gradiva era una visione intera e completa dell’esistere comprensiva di tutti i modi e maniere della convivenza. Non c’è intellighenzia o altra castroneria che la fa da padrone.
Diario russo, se vogliamo, è un diario del cuore. Senz’altro intento che quello di osservare lucidamente e scrivere senza fraintendimenti o odiose coperture politiche la vita e le opere del popolo russo.
Scrive (stavolta ) Steinbeck: “All’inferno la politica!” Ricordo di essermi cimentato in una danza georgiana con una donna bellissima, che poi risultò essere la più grande ballerina della nazione. Ricordo che cantavamo tutti insieme per la strada, e che la polizia, venuta a vedere che cosa stesse succedendo, si era unita al coro. Il signor Chmarskij era piuttosto su di giri. Era nuovo alla Georgia quanto noi. Caddero le barriere linguistiche, caddero le frontiere nazionali, e non ci fu più bisogno di traduzioni.
di Alfredo Ronci
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