CINEMA E MUSICA
Alfredo Ronci
Altro centro: 'Decadancing' di Ivano Fossati.

L'unico appunto al disco è il titolo. Avrebbe dovuto risparmiarcelo (chissà se Ivano è a conoscenza del singolo 'La decadanse' di Serge Gainsbourg cantato dalla 'musa' Jane Birkin: crediamo di sì, perché ce ne da una mezza conferma per come pronuncia la parola nel pezzo d'apertura. Ma lì si parlava di scambi di coppie, qui di speranze vane e di tempi duri, come avrebbe detto Dylan).
Il resto è pura beatitudine.
Ma il disco si nutre di un paradosso di fondo: stando a quanto dice lo stesso musicista, l'opera, contrariamente al solito, è nata e si è sviluppata in poco tempo, ma la leggerezza di cui è fatto lo stampo (s'avverte come no, dove la musica parte ritmata e nonostante gli intervalli più intensi e piani, mantiene una predisposizione alla scansione) fa a cazzotti con una gravezza del pensiero.
Perché Decadancing è un disco di parole importanti, che lasciano il segno, forse più che in altre occasioni.
Peschiamo qua e là:
Le parole non hanno chances/ è proprio una faccenda inquietante/ il pensiero che degenera/ facciamo un affare con Dio/ che ci dia una seconda possibilità/ se può/ in questa decadenza ('La decadenza').
Quello che manca al mondo/ è un poco di silenzio/ quello che manca in questo mondo/ è il perdono che non vedo e non sento ('Quello che manca al mondo').
Questo è un deserto di democrazia/ oggi che la fabbrica chiude/ tutti se ne andranno ('Laura e l'avvenire').
Fossati ci fa partecipe di un mondo sull'orlo del precipizio, ma non rinuncia all'unica leva che può muovere l'universo: l'amore (Eppure mi piace tutto questo futuro/ e anche il tempo sprecato/ che non vedo già più – 'Tutto questo futuro').
Le notizie che lo danno all'ultimo disco non ci confondano (direi di più: è l'unico musicista italiano che mi va di aspettare nelle nuove uscite, e saperlo rinunciatario aumenta a dismisura il mio rispetto nei suoi confronti e mi rende membro effettivo di una confraternita di scelte minoritarie): intanto godiamolo ancora in questa vera e propria trasposizione dell'esistenza nella quale il sentimento è ancora una volta una sorta di cartina di tornasole.
Ma non sono d'accordo su chi pressoché unanimemente ha indicato in 'Settembre' il pezzo migliore del disco (con quell'inizio fulminante: Il bene che ci siamo dati/ è un taxi che si ferma qui...). Lo trovo, pur nella indubbia fascinazione, un po' troppo standardizzato, da chansonnier adagiato sugli allori. La mia preferenza va a 'La sconosciuta', un quadro che mischia con sapienziale lucidità insofferenza e desiderio d'amore (nel mio lettore mp3 va in continuazione, fin quasi allo sfinimento... mio e dell'aggeggio).
Insomma senza prolungarci troppo, Decadancing è ancora un centro. E s'aggiunge al resto della discografia di Fossati che a questo punto diventa una sorta di scrigno preziosissimo. Sicuri che il musicista, alla prima occasione o al primo stimolo, saprà aprirlo di nuovo per aggiungervi un tocco in più.
E noi a rubargli la luce.
Ivano Fossati
Decadancing
EMI - 2011
Il resto è pura beatitudine.
Ma il disco si nutre di un paradosso di fondo: stando a quanto dice lo stesso musicista, l'opera, contrariamente al solito, è nata e si è sviluppata in poco tempo, ma la leggerezza di cui è fatto lo stampo (s'avverte come no, dove la musica parte ritmata e nonostante gli intervalli più intensi e piani, mantiene una predisposizione alla scansione) fa a cazzotti con una gravezza del pensiero.
Perché Decadancing è un disco di parole importanti, che lasciano il segno, forse più che in altre occasioni.
Peschiamo qua e là:
Le parole non hanno chances/ è proprio una faccenda inquietante/ il pensiero che degenera/ facciamo un affare con Dio/ che ci dia una seconda possibilità/ se può/ in questa decadenza ('La decadenza').
Quello che manca al mondo/ è un poco di silenzio/ quello che manca in questo mondo/ è il perdono che non vedo e non sento ('Quello che manca al mondo').
Questo è un deserto di democrazia/ oggi che la fabbrica chiude/ tutti se ne andranno ('Laura e l'avvenire').
Fossati ci fa partecipe di un mondo sull'orlo del precipizio, ma non rinuncia all'unica leva che può muovere l'universo: l'amore (Eppure mi piace tutto questo futuro/ e anche il tempo sprecato/ che non vedo già più – 'Tutto questo futuro').
Le notizie che lo danno all'ultimo disco non ci confondano (direi di più: è l'unico musicista italiano che mi va di aspettare nelle nuove uscite, e saperlo rinunciatario aumenta a dismisura il mio rispetto nei suoi confronti e mi rende membro effettivo di una confraternita di scelte minoritarie): intanto godiamolo ancora in questa vera e propria trasposizione dell'esistenza nella quale il sentimento è ancora una volta una sorta di cartina di tornasole.
Ma non sono d'accordo su chi pressoché unanimemente ha indicato in 'Settembre' il pezzo migliore del disco (con quell'inizio fulminante: Il bene che ci siamo dati/ è un taxi che si ferma qui...). Lo trovo, pur nella indubbia fascinazione, un po' troppo standardizzato, da chansonnier adagiato sugli allori. La mia preferenza va a 'La sconosciuta', un quadro che mischia con sapienziale lucidità insofferenza e desiderio d'amore (nel mio lettore mp3 va in continuazione, fin quasi allo sfinimento... mio e dell'aggeggio).
Insomma senza prolungarci troppo, Decadancing è ancora un centro. E s'aggiunge al resto della discografia di Fossati che a questo punto diventa una sorta di scrigno preziosissimo. Sicuri che il musicista, alla prima occasione o al primo stimolo, saprà aprirlo di nuovo per aggiungervi un tocco in più.
E noi a rubargli la luce.
Ivano Fossati
Decadancing
EMI - 2011
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